Avete mai sentito parlare di “scuola natura“?

Beh, scuola natura è un progetto bellissimo del comune di Milano, per le scuole primarie.

Si tratta di 5 case vacanza pronte ad ospitare i nostri figli e le loro insegnanti, per circa una settimana.

Per andarci basta che la scuola faccia richiesta, ma sopratutto che ci siano delle sante maestre che, volontariamente, decidano di accompagnare i loro bambini in questa bellissima avventura.

Daniele è partito lunedì.

Daniele era già andato a scuola natura, due anni fa, quando era in seconda elementare.

Non mi dimenticherò mai quel giorno…

Lui mi faceva “ciao ciao” con la manina da dietro il finestrone del pullman, e io sorridevo, salutavo, e intanto piangevo, nascosta dietro ai mie occhiali da sole.

Quel giorno di lacrime ne sono scese tante.

Avevo già lasciato tante volte Daniele con le nonne, o con il papà, ma era la prima volta che lui lasciava me, e sapevo che quello sarebbe stato solo l’inizio.

Quando si diventa mamme forse una delle emozioni più forte è il sapere che da quel giorno in poi noi saremo davvero importanti, per lui, per loro, per sempre.

Da quel giorno in poi sentiamo che quel senso di solitudine che ci ha spesso accompagnato della nostra vita è svanito, per sempre.

Una parte di noi vorrebbe che loro non se andassero mai, vorrebbe che loro fossero sempre i nostri bambini, piccoli, indifesi, bisognosi di coccole e di aiuto, ma una parte di noi, a volte troppo piccola, sa bene che i nostri figli vanno lasciati andare, vanno lasciati crescere.

E allora capita che, quando sono lontano da noi, ce li immaginiamo tristi.

Forse perché, sotto sotto, siamo noi che li vorremmo un po’ tristi, senza di noi.

Sentirsi utili, importanti e insostituibili, a volte può essere davvero importante, indispensabile.

Poi nella chat della gita arriva un video, e lo vedi nel suo letto, con il suo libro, che sorride, anche lontano da te.

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Ed ecco che in te inizia quello strano tumulto tra il bambino e l’adulto…

Quale bambino?

Quale adulto?

Quelli che vivono dentro di noi ogni giorno, ogni ora, e in ogni momento della nostra vita.

Non lo sapevate?!?!

Ma si daiiiiii!

Il bambino è quello che dice: “Ecco, vedi?!?! Sta bene anche senza di me, e quindi vuol dire che non mi vuole più bene, che non siamo più amici!”, e intanto tiene le mani ben piantate sui fianchi, a mo’ di vaso da notte, e batte i piedi sul pavimento.

E l’adulto guarda il bambino, gli sorride e dice: “Ma vaaaaa! Se sta bene anche senza di te vuol dire solo che sta crescendo, e che sta diventando pian pianino indipendente”

In tutti noi c’è un bambino che non vuole crescere, che magari è ferito, e arrabbiato, forse da troppo tempo…

In tutti noi c’è un bambino che la vuole sempre vinta, e che a volte ne fa una questione di vita o di morte, nel tentativo di dimostrare che è lui il più forte.

Qualche settimana fa vi ho raccontato di questa nuova esperienza che sto facendo, con un coach.

Settimana scorsa sono stata di nuovo da lui e gli ho raccontato di una cosa che era appena successa in vacanza in Puglia, la sera di Halloween.

Eravamo usciti a cena con amici, e Daniele era l’unico bambino.

In paese c’erano tanti altri bambini che giravano a fare dolcetto o scherzetto nei bar, e nei ristoranti, ma nonostante qualche tentativo, lui non aveva voluto unirsi a nessuno di loro.

Aveva preferito stare a tavola con noi, e giocare con il cellulare (che noi gli abbiamo concesso).

Quando ero piccola io non c’erano i cellulari e se mi ritrovavo a cena con i grandi ascoltavo i loro discorsi, senza fare tante storie, oppure, col permesso, mi alzavo, e trovavo altro da fare.

I bambini di oggi sono viziati, ed abituati ad avere troppo spesso quello che vogliono.

Siamo noi a darglielo, spesso per nostra comodità, e poi siamo sempre noi a lamentarci.

Buffo eh?!

A fine serata Danny era scoppiato a piangere, dicendo che era stato un Halloween bruttissimo, una vacanza bruttissima.

Erano le dieci passate e, dopo una giornata intera al mare, era stanco, molto stanco.

Noi mamme sappiamo bene quando i nostri figli sono solo stanchi, e quindi non dovremmo soffermarci troppo su questi capricci “serali”, eppure quelle parole io le ho sentite come dei coltelli, e mi hanno fatto male, molto male.

Avrei potuto semplicemente dire con dolcezza : “Amore, sei tu che non hai voluto fare dolcetto o scherzetto, mi spiace. Ora è tardi, siamo tutti stanchi, quindi andiamo a dormire. Lo farai l’anno prossimo”, e invece…

“Una vacanza bruttissima!?”

Ma se eravamo stati al mare, aveva visto la sua più cara amica, gli avevo anche appena regalato una scatola intera con le sue figurine preferite!

Come poteva dire che era stata una vacanza così brutta, ed essere così cattivo!?

Il coach mi ha spiegato che quella sera è venuta fuori la bambina che è in me, offesa, arrabbiata, chissà da quanto, e chissà per cosa.

E’ iniziato così un braccio di ferro con mio figlio, dove avrebbe vinto chi si sarebbe arrabbiato di più.

Secondo voi chi vince tra un bambino di 8 anni che pesa 30 kg e una bambina di 46 anni che pesa ben più del doppio?!

Scontato, facile, troppo facile.

Ho provato a farlo ragionare un minuto con le buone, ma all’ennesimo capriccio ho reagito male: ho urlato più di lui, gli ho sequestrato le figurine e gliene ho dette di ogni.

Quando i bambini sono così piccoli non possono che accusare il colpo, e la sconfitta, ma attenzione! Perché quando saranno grandi ce le faranno pagare tutte.

Così facendo i nostri figli cresceranno pensando che la risoluzione di un problema sia esercitare potere sugli altri, e nella vita vorranno il potere per schiacciare il prossimo.

No, non sto esagerando, perché certi atteggiamenti di Danny nei confronti dei suoi amichetti li vedo già.

Se qualcuno non vuole fare quello che vuole lui, Danny non cerca il dialogo pacifico, per trovare una soluzione, ma esercita il suo potere e arriva allo subito scontro.

Come possiamo sgridare i nostri figli quando loro non fanno altro che ripetere quello che noi facciamo con loro?!

Ecco perché è importante la funzione genitoriale, quella in cui teniamo a bada il bambino che è in noi, e facciamo in modo che sia la nostra parte adulta a rispondere.

E come si fa?!

Bisogna imparare ad osservare i nostri figli senza giudicarli.

Non dobbiamo scaricare la nostra rabbia personale su di loro (cosa che facciamo spesso), ma, soprattutto, dobbiamo lasciare i nostri figli liberi di conoscersi, proprio attraverso le loro emozioni, anche se queste non sono sempre positive.

Quando mio figlio va ” in sbattimento” io spesso reagisco o spaventandomi, perché nessuna mamma vorrebbe mai vedere i propri figli che soffrono, e quindi faccio il possibile per fargli passare quel momento no (a volte con un regalo, o con una promessa), oppure reagisco con il famoso braccio di ferro della rabbia, per dimostrargli che il bambino arrabbiato dentro di me è più forte di lui.

Questi sono entrambe due reazioni sbagliate.

Quale è la reazione giusta?

La reazione giusta non è “fare”, ma “Non fare”!

Se un bambino lo lasci pensare, e “ribollire nel suo brodo”, spesso sarà lui stesso a capire che ha esagerato, senza bisogno che glielo dica tu, magari urlandoglielo 🙁

I nostri figli nella vita incontreranno delusioni, frustrazioni e tante altre emozioni negative, e quindi abituarli fin da ora, in contesti protetti e non pericolosi, a far fronte a queste emozioni, è di vitale importanza per loro.

Quando Danny due anni fa è tornato dalla prima gita di “scuola natura” aveva imparato a fare tutto, sempre, da solo.

Si vestiva da solo, si faceva la doccia da solo, faceva tutto da solo.

Ero rimasta felicemente sorpresa, ma poi la forza dell’abitudine, il bisogno di sentirmi indispensabile, e di fare sempre tutto più velocemente,  mi aveva presto riportato ad aiutarlo di nuovo, spesso, troppo spesso.

Magari scegliendogli i vestiti, per evitare che arrivasse a scuola in ritardo e vestito con tutti i colori dell’arcobaleno, e con la solita felpa.

Magari aiutandolo a studiare, almeno per le interrogazioni orali, visto che per lo scritto per fortuna si arrangia bene anche da solo.

Sbagliato! Sbagliatissssssssimo!

Dopo aver parlato a lungo con la sua maestra, e con il mio coach, ho davvero capito che se lo aiuto gli faccio del male, e allora ho smesso, ho smesso di “fare”.

Le ultime tre interrogazioni le ha preparate da solo, e ha preso tre dieci.

Non ci volevo credere.

Non volevo credere che senza la sua mamma sarebbe riuscito a spiccare il volo, e invece lo ha fatto, eccome se lo ha fatto.

Ormai i vestiti li sceglie da solo, e ho capito che quando si veste con tutti i colori dell’arcobaleno… è ancora più bello!

Lasciamoli andare, lasciamoli crescere, facciamolo per loro, e soprattutto per le donne che un giorno saranno al loro fianco.

Ricordatevi tutte le volte che vi siete ritrovate a pensare alle vostre suocere, e a come sarebbero stati il loro figli se loro li avessero viziati un po’ meno 🙂

E quel bambino arrabbiato che c’è in tutti noi, teniamolo a bada abbracciandolo un po’ di più…

Besos

Barbara