Le mie notti prima degli esami

In questi giorni non si fa altro che leggere e sentir parlare degli esami, e allora la mia memoria corre indietro, molto indietro, parecchio indietro.

L’estate scorsa, in uno dei miei fine settimana da mamma a Venezia, mettendo ordine in armadi e scaffali vari, ho trovato i miei vecchi diari di scuola.

Da quei vecchi diari sono saltati fuori tanti ricordi, tantissimi ricordi.

Nomi che non ricordavo neanche più.

Luca, Marco, Alberto…

Un mare di cuoricini e di collage.

Ma chi erano quei Luca, Marco, e Alberto?

Certo che io da giovane (l’altro ieri) mi innamoravo di uno diverso ogni settimana.

E poi?

E poi non mi filavano, e allora cambiavo obiettivo, cambiavo nome, e avanti un altro!

Sono sempre stata la più alta della classe, e la più maschiaccia.

A quelli che piacevano a me, piacevano sempre le altre, e non le alte.

Dai quei diari, oltre ai nomi di tutti quei sogni infranti, sono usciti anche loro: i miei appunti un po’ particolari…

Il mio metodo di studio, dalle medie all’università, è sempre stato il seguente:

1) perdevo tempo a farmi i cavoli miei fino all’ultimo, poi prendevo il libro o il capitolo che dovevo studiare per l’interrogazione o l’esame di turno, vedevo quante pagine avrei dovuto studiare, dividevo per i giorni che mi avanzavano, e a quel punto capivo che ero nella popò, e che dovevo iniziare a studiare. subito.

2) calcolavo quante pagine mi toccavano al giorno e iniziavo, con in mano il mio evidenziatore, il mio miglior amico.

3) una volta evidenziate le cose più importanti, per fissarle meglio nella memoria, le trascrivevo nel mio quaderno degli appunti.

4) una volta finito di studiare, rimettevo il libro nella mia libreria e andavo avanti studiando solo sul mio quaderno degli appunti, dove avevo riassunto il tutto.

5) se l’esame era scritto, e le cose da ricordare erano troppe (date, nomi, formule etc), allora mettevo in atto il mio piano “diabolico”, e preparavo i miei mini appunti strategici da polso, da tasca o da seno (ne avevo talmente poco che nel reggiseno c’era sempre un po’ di posto libero)

Le mie notti prima degli esami le passavo in camera mia con fogli, foglietti, forbici e scotch.

Le mie notti prima degli esami, quando la mia vista era ancora perfetta, io preparavo il rinforzo alla mia memoria.

Ho sempre pensato che nella vita sia importante capire i concetti più che studiare a memoria formule, date e nomi, e allora facevo a modo mio, e preferivo tenere qualche angolo della mia memoria libero, per cose più utili.

WOW, ora che ho confessato i miei peccati mi sento più leggera.

Spero solo che i miei professori ancora in vita non siano su facebook e non sappiano che io tempero i tacchi, ma non li indosso.

Perché, a differenza della mitica signora Maura Livoli, io non sono mai stata beccata, né da Mike Bongiorno, né da nessun professore.

Chiedo perdono! 

Da oggi sapete che io non avevo una memoria di ferro, ma una vista pazzesca.

Barbara

 

 

 

Un tuffo nel passato

 
E mentre ieri sera stavo cercando di capire se avevo più voglia di truccarmi (nel senso di rimmel e lucida labbra) e vestirmi (facendo un puzzle con i pezzi scovati nell’armadio del delirio) o togliermi le lenti, infilare la camicia da notte dei Puffi e andare a letto, non so perché, ma ho deciso di aprire una sorta di mini panca dietro alla testata del letto dove dormivo io da giovane (l’altro ieri) e ora dorme Danny.
Non aprivo quella panca da anni, da decenni.
Non potete capire cosa non ho trovato: tutti i miei diari di quando andavo a scuola e passavo più tempo a fare collage e a scrivere cavolate che a seguire le lezioni.
I diari li ho aperti uno a uno sfogliandoli velocemente, e per ora li ho parcheggiati un attimo perché vanno riletti con calma, uno alla volta, pagina per pagina.
Intanto posso anticiparvi che mi è venuto un gran mal di testa: ma quanti ragazzi mi sono piaciuti quando ero sbarbata?
Perdindirindina!!!
Ho giusto dato un’occhiata veloce, ma sufficiente per scorgere nomi e frasi tipo “ma quanto è carino Nicola?”, “speriamo che Lele stasera venga in Campo San Luca”, “Secondo me ieri Pino mi ha guardata”, ” Ma quanto mi manca Chris”, e chi più ne ha più ne metta.
So che adesso vi state facendo una domanda: “ma Barbara era una zoccola o una sfigata?”.
Beh, sappiate che ho fatto l’amore per la prima volta 1 mese prima di compiere 19 anni e i diari che ho sfogliato ieri sera sono della metà degli anni ’80.
Io sono nata nel ’70 e quindi la risposta è una sola: ero una sfigata!
Quando mi piaceva uno, quello non mi si filava di pezza o peggio ancora, magari scattava il primo bacio, ma lì finiva.
Fosse che forse baciavo male?
Non l’ho mai capito, ma quello che ho capito è che me ne facevo piacere subito un altro per cancellare il fallimento precedente.
Credo di essermeli fatti piacere tutti i ragazzi di Venezia.
Il problema è che troppo spesso mi fissavo con quelli più carini che avessero almeno 7/8 anni più di me e che ovviamente non mi vedevano neanche.
Avete presente il genere “giraffa senza seno”?
Ecco, appunto.
A proposito di seno: un paio di giorni fa leggevo che il topless è passato di moda!
Mannaggia, ma non poteva succedere quando avevo 15 anni invece che ora che mi e finalmente cresciuto? (anche se di poco)
Barbara
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