Berlino: il muro, e il mio album dei ricordi.

 

Il Muro di Berlino, costruito il 13 agosto del 10961, circondava Berlino Ovest per 161 chilometri, era alto tre metri e mezzo.

Al momento della sua caduta, il 9 novembre 1989, migliaia di berlinesi dell’est superarono la frontiera accolti festosamente dai concittadini occidentali.

La caduta del Muro di Berlino simboleggia l’inizio del processo di unificazione della Germania, e la fine di un’era storica

Si possono leggere fiumi di parole, ma è davvero difficile capire cosa significasse davvero quel muro per i Berlinesi.

Oggi ne parlavo con la mamma di un compagno di classe di Danny, e forse qualcosa in più l’ho capito.

La mamma di Leon ora vive in Italia, ma è cresciuta a Berlino ovest.

Quando le ho chiesto cosa fosse stata la prima cosa che ha fatto appena caduto il muro, lei mi ha risposto “Sono andata in campagna!”

Il muro era nato per impedire che chi stava nella Germania dell’est potesse scappare in occidente, ma le conseguenze le ebbero ovviamente anche quelli che vivevano a Berlino ovest: se volevi andare a Berlino est potevi farlo solo con un visto, e per eventi importanti come matrimoni e funerali, e se volevi andare in campagna dovevi percorrere per ore una lunga strada.

I Berlinesi dell’est, per 25 anni, sono cresciuti in una sorta di prigione, e i berlinesi dell’ovest sono cresciuti senza campagna, senza verde.

Nel 1989 cadde il muro e al senso di gioia sì unì, per quelli dell’est, la preoccupazione per i soldi: avevano poco e quel poco non valeva nulla.

Ci volle del tempo, ma le cose cambiarono, la moneta diventò la stessa per tutti, e il senso di smarrimento lasciò presto spazio a quel senso di appartenenza, e di unione, tanto atteso.

Solo oggi forse riesco a capire davvero le emozioni forti e contrastanti che hanno caratterizzato quel momento così importante di 25 anni fa.

Certo è che se io penso a Berlino, le emozioni che mi tornano in mente sono altre, e nulla hanno a che vedere con muri e punti cardinali.

Se penso a Berlino il mio primo pensiero va a quel messaggio inaspettato, e a quel viaggio…

Ho conosciuto mio marito in discoteca, durante una vacanza in Tanzania, a Zanzibar, tramite amici comuni.

Dopo una piacevole serata in compagnia, gli avevo lasciato il mio biglietto da visita: dopo pochi giorni era capodanno, ma i miei amici ed io saremmo salpati il giorno dopo, a bordo del catamarano che avevamo affittato, per proseguire il nostro tour verso il nord di Zanzibar.

Avevo lasciato il mio numero a quel ben ragazzotto (ai tempi pesava circa 20 kg più di oggi) nel caso in lui e i suoi amici avessero deciso di raggiungerci a Nungwi per il 31, e invece…

E invece la telefonata non arrivò, e a capodanno loro restarono nel loro villaggio, e noi festeggiammo in spiaggia.

Nel gennaio del 2004 però…

A gennaio ero in aeroporto, da sola, in attesa di un volo per Berlino.

A Berlino c’era la settimana della moda, e un sacco di feste carine in programma, e quindi avevo deciso di partire per il fine settimana, e di raggiungere degli amici.

BIP BIP: ed ecco che arrivò quell’inaspettato sms: “Ciao, sono Marcello. Non so se ti ricordi di me: ci siamo conosciuti a Zanzibar”.

Marcello? Eccerto che me lo ricordavo! 

Un rapido cambio di messaggini, un invito a cena rimandato causa mia partenza, un mio invito provocatorio a raggiungermi subito all’aereoporto per partire con me, e quella sensazione di incredibile euforia strampalata che ti assale quando senti che sta per succedere qualcosa di bello.

A Berlino ci sono andata da sola, come da copione, ma mentre giravo esplorando per la prima volta quella città, mentre facevo shopping, e mentre ballavo in una delle varie feste di quella intensa settimana del “Bread & Butter” (robbbba di fiera, moda, sfilate etc etc), il mio pensiero tornava a quel sorriso incontrato in Africa.

Al mio ritorno ci siamo visti: prima una cena tranquilla a casa mia e ,un paio di giorni dopo, il primo bacio.

Come mai un paio di giorni dopo?

Ho voluto fare quella che lo faceva aspettare, tirandosela un po’?

Ma quando mai! E’ stato lui che la prima sera non ci ha provato, e io c’ero pure rimasta male, molto male.

Mi ha fatto aspettare, ma ne è valsa la pena, perché da quel giorno non ci siamo più lasciati, e a Berlino ci siamo tornati, assieme.

Amo Berlino.

La amo per quel che rappresenta nell’album dei miei ricordi, ma la amo anche per quell’incredibile energia che la contraddistingue.

E’ come se il 9 novembre del 1989 qualcuno avesse stappato una bottiglia di Champagne, dopo averla prima agitata per bene: da quel giorno Berlino è esplosa, e ha iniziato a spiccare quel lungo, ma veloce volo verso il futuro, sbattendo forte quelle ali che per troppo tempo erano state tarpate.

Incredibili opere archittettoniche, palazzi che sembrano sparire nel nulla, musei in cui perdersi, piazze coperte, sabbia in città, feste fantasmagoriche, incredibili location, e tanta, ma tanta ineccepibile organizzazione.

Ecco cosa mi ricordo di Berlino, ma sono ricordi lontani, che forse hanno bisogno di una rispolverata. 

Forse è giunto il momento di tornarci.

Barbara

Un bacio al giorno allunga la vita

 

Un bacio, dato bene, abbassa la pressione, rinforza le difese immunitarie, vince lo stress, spiana le rughe e protegge i denti dalle carie.

No, no, non sto dando i numeri!

Trattasi del risultato di una ricerca fatta da uno scienziato inglese.

E, sempre lo stesso scienziato, sostiene che baciarsi una volta al giorno allunghi la vita di 5 anni.

Prima del bacio la pressione sanguigna aumenta, per l’effetto di ormoni come quello dell’adrenalina, che fanno battere il cuore.

Dopo il bacio la produzione di adrenalina cessa e, nel nostro cervello, vengono liberate le endorfine, quelle sostanze chimiche che danno quella piacevole sensazione di relax, e la pressione si abbassa, fino a raggiungere livelli inferiori a quelli pre-bacio.

E siccome quando ci si bacia ci si passa i germi, ecco che si rafforzano le capacità immunitarie.

Avete presente quanti muscoli della faccia, che non muoviamo mai, si mettano in azione durante un bacio, ovviamente con lingua?

Con i baci a stampo non si guarisce e non si previene, nulla.

Il bacio va dato con la lingua, attivando l’effetto centrifuga.

La faccia lavora, e le rughe si attenuano.

E se il bacio è uno di quelli veri, la salivazione aumenta di molto, ed essendo che la saliva contiene numerose sostanze antibatteriche, ecco che diminuisce il rischio carie.

Vi ho convinti?

Lo avete capito o no che il bacio è importante?

Siete fidanzati o sposati da anni, e il bacio è ormai diventato un ricordo lontano, o un’esperienza rara?!

So che per voi è normale, ma non è nor-male, è MALE!

So bene che quando si sta assieme da tanti anni, è più normale litigare, che baciarsi sulla bocca, profondamente, una volta al giorno.

So anche bene che questo è un periodaccio, e che a volte si ha più voglia di nascondere la testa sotto al cuscino, che andare incontro alla nostra metà, buttandogli le braccia al collo, in cerca di un sexy e profondo bacio.

Ma forse è giunto il momento di fare qualcosa di diverso da quello che abbiamo fatto fino a ieri no?!

Se prima potevo semplicemente dirvi che il bacio è importante per il rapporto di coppia, adesso posso assicurarvi che avete un sacco di motivi in più per farlo.

Sai quanti soldi in meno di dottori vari, dentisti e chirurgi plastici?!!

Sono talmente convincente che mi è venuta voglia di baciare mio marito.

Vado

Baci

Barbara

 

 

10 anni, esatti esatti!

 
 
Ebbene sì, 10 anni fa, il 29 gennaio 2004, mio marito mi ha dato il suo primo bacio.
Vi ho già raccontato di come ci siamo conosciuti , ma non mi sono soffermata su quel primo fatidico bacio.
Se vi dicessi che mi sembra ieri, vi direi una baggianata immensa.
Perché io quel bacio me lo ricordo appena.
Mi ricordo che non è uno dei baci che vedete nelle foto, questo sì.
Il primo bacio ce lo siamo dati senza testimoni o fotografi nei paraggi, e quindi non v’è traccia!!!
E instagramm non c’era ancora, sennò forse lo avrei fermato un attimo e avrei scattato un selfie (ahahahahahah)
Il primo bacio me l’ha dato sotto casa mia, senza sapere in che guaio si sarebbe messo.
In qui tempi organizzavo tutti i martedì sera all’Orange, un ristorante con pista da ballo sotto casa mia.
Era stato abbastanza facile invitarlo a passare a bere una cosa: era il mio lavoro invitare la gente a bere una cosa.
Ma quel ragazzo con la faccia per bene mi piaceva, e quando qualcuno ti piace tanto, quello che può sembrare un invito di routine, non è poi così facile.
Quella sera Marcello era andato al suo allenamento di rugby ed era arrivato da solo, all’Orange, da me.
E’ arrivato che io ero ancora a cena e quindi, visto che avevo quasi finito di mangiare, ed ero con cari amici, mi è sembrato carino alzarmi e raggiungerlo al bar, per non lasciarlo da solo ad aspettarmi, visto che non conosceva nessuno.
E’ stato davanti a quel bancone che abbiamo iniziato a chiacchierare.
Poi si è seduto al tavolo con noi, e abbiamo continuato a chiacchierare.
Poi ci siamo trasferiti di sotto dove c’era la pista da ballo, e abbiamo continuato a chiacchierare, davanti al bancone del bar, accanto al dj.
Abbiamo chiacchierato così tanto che la serata è iniziata e finita davanti a quel bancone.
Gli amici arrivavano, e mi salutavano.
Gli amici se ne andavano, e mi salutavano.
In molti si saranno chiesti chi fosse quel ragazzo, ma nessuno me l’ha domandato.
Forse avevano capito che non volevamo essere “disturbati”, e che avrei potuto mordere chi si fosse avvicinato troppo, e per troppo.
Quella sera non mi sono mossa da quel bancone, e da lui.
Quella sera, io che non bevo mai alcol, devo aver bevuto 2 o 3 cuba libre.
So che ora vi metterete a ridere, ma io sono timida.
E siccome era timido anche lui, abbiamo bevuto tutti e due.
Ad un certo punto ci siamo accorti che nel locale eravamo rimasti solamente lui, io, il barman e il dj.
Se ne erano andati tutti.
Eravamo rimasti solo noi, nel nostro micro universo che ci eravamo creati.
“Ti accompagno a casa?”
E gli è anche andata bene, visto che vivevo proprio di fronte.
Abbiamo attraversato la strada facendo giusto due passi, e ci siamo fermati davanti al mio portone.
A quel punto mi ha baciata, a lungo.
Questo sì che me lo ricordo.
Avrei voluto che quella serata non finisse più, avrei voluto chiedergli di salire, ma volevo godermi ogni momento, compresa l’attesa, e allora ci siamo salutati e poi rivisti, e rivisti, e rivisti…
Ora in quel portone ci abita anche lui.
Ora in quella casa ci viviamo assieme, da marito e moglie.
L’Orange è diventato una pizzeria e ora quella strada l’attraversiamo mano nella mano con nostro figlio, per andare a mangiare la pizza, tutti assieme.
Ne abbiamo passate tante in questi 10 anni.
Ci sono stati tanti altri baci, ma anche momenti duri, duri e difficili.
Ci sono momenti in cui perdi di vista chi ti sta accanto e ti concentri su altre cose che ti sembrano più importanti.
Ci sono momenti in cui il lavoro e i figli ti assorbono, e trasferisci nell’altro il tuo stress e le tue frustrazioni.
Ci sono momenti in cui dai i tuoi affetti per scontati, e smetti di coltivarli.
Ma per fortuna ci sono anche momenti in cui capisci, e cambi rotta.
Quando c’è ancora un ceppo di legno che arde, ci puoi buttare sopra tutta la cenere che vuoi, ma se quella cenere la smuovi un pò, il ceppo torna ad ardere, e il fuoco si riaccende.
Dopo la pioggia torna sempre il sole, e oggi quel sole splende più caldo che mai, anche se tra poco arriverà la neve.
Grazie amore mio, grazie di avermi baciata e di non aver più smesso di farlo.
Barbara
Gennaio 2004, all'Orange

Gennaio 2004, all’Orange