Oggi ci siamo svegliati a Venezia, ma ieri eravamo ancora a Napoli e quindi è lì che abbiamo fatto colazione.
Ci siamo svegliati, ci siamo lavati e vestiti, con calma, e siamo usciti a fare una camminata verso Via San Gregorio Armeno.
Non sarei mai ripartita senza prima fare un giretto per vedere le novità del presepe e soprattutto senza comprare un paio di cornetti che male non possono fare.
Ma prima dello shopping serviva un bel cappuccino e qualcosa da pucciarci dentro e quindi siamo entrati in un bar, a caso.
Ci siamo seduti e il mio sguardo è caduto subito su quel foglio…
Era una storia e il titolo era “Il sorriso”.
L’abbiamo subito letta a nostro figlio, ma forse quella che ne è rimasta più colpita sono stata io.
Raccontava di questo sorriso che andava in giro ad attaccarsi sulle facce della gente che ne aveva bisogno.
E allora ecco che due automobilisti nervosi e di fretta, fanno un botto al semaforo appena diventato verde: quello dietro tampona quello davanti.
Quello della macchina davanti scende tutto arrabbiato, ma ad un certo punto il sorriso si attacca alla sua bocca e lui si ritrova a sorridere.
La signora della macchina dietro, che intanto lo stava raggiungendo anche lei parecchio contrariata, se lo ritrova davanti tutto sorridente e rimane spiazzata.
A quel punto lui le dice di non preoccuparsi, che non è successo niente di grave e la invita a bere un caffè.
Il sorriso ha fatto il suo dovere e torna a volare fino ad arrivare sul volto di un’impiegata delle poste stressata per la coda che ha davanti e per la gente che le urla di muoversi.
Il sorriso si ferma giusto un paio di secondi per poi volare via di nuovo e poggiarsi ogni volta su bocche diverse e sempre bisognose, di lui.
Che bella storia.
Io che con il mio blog cerco di contagiare tutti con il mio entusiasmo, non potevo che innamorarmi di una storia così bella.
Ho deciso che diventerà una delle favole che racconto a Danny la sera prima di dormire e ogni volta ne farò una versione diversa.
Dopo la colazione ho comprato i miei cornetti rossi, ho ammirato i presepi e sono anche riuscita a scendere nella Napoli sotterranea, con mio marito e mio figlio, per vedere un vecchio acquedotto e un vecchio teatro romano.
Bello, ma visto che soffro un po’ di claustrofobia, lì sotto non mi sentivo proprio a mio agio.
Anche Danny, come la sua mamma, aveva voglia di rivedere la luce.
Il sorriso ci è tornato solo quando abbiamo sentito i raggi del sole sulla pelle (sotto faceva pure freddo).
Fosse che forse il sorriso sotto terra non riesce ad entrare, ops!?
Barbara

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