Ti ritrovi a pranzo con un’amica, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone
Sei a cena con tuo marito, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Le tue amiche stanno cercando di raccontarti qualcosa, ma i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Tuo figlio ti chiede di spingerlo sull’altalena, ma tu non senti, perché i tuoi occhi cercano lo schermo dello smartphone.
Succede, eccome se succede.
E a me, ultimamente, stava succedendo troppo spesso.
Ho sempre pensato che la consapevolezza dei propri limiti, e dei propri difetti, sia il primo passo verso il cambiamento, ma poi a questo cambiamento ci devi andare incontro.
Sono mesi che ci giravo intorno, e che sentivo di dover fare qualcosa, per darmi dei limiti, e cambiare.
Ne avevo anche già parlato qui, nel mio blog, ma poi?
Poi ho continuato a condividere, commentare, aspettare…
E un giorno un’amica mi dice che ultimamente quando lei è con me, io non sono con lei…
E il giorno dopo me lo dice un amico, e la settimana dopo me lo sento dire anche a scuola: ” Tuo figlio soffre questa cosa che tu abbia sempre il telefono in mano. A scuola dimostra di aver un estremo bisogno di attenzioni, forse perché gli mancano a casa…”
Big Ben ha detto stop!
Se mi si tocca mio figlio divento una iena, anche contro me stessa.
Oggi sono tanti i bambini che si contendono genitori fisicamente vicini , ma con la mente altrove, e io non voglio essere tra quelli.
Quello stesso giorno sono entrata in libreria e ho comprato un libro di cui mi avevano parlato: “Felicemente #sconnessi, come curarsi dall’iperconnettività” .
L’ho letto in tre giorni.
Me lo sono divorato.
Non che Frances Booth, l’autore, abbia scoperto l’acqua calda, ma è forte, molto forte leggere certe cose e scoprire che tanta gente, come me, per colpa dell’eccessiva connessione, si sta perdendo tante cose, troppe cose.
Vivi connessa, sai tutto quello che succede intorno a te, ma ti perdi la lettura, il piacere della solitudine, la memoria e il sonno.
Svanisce nel nulla anche il piacere del viaggio (e quando mai ora si guarda fuori dal finestrino, come si faceva prima dell’avvento di smartphone e ipad), la creatività, la capacità di ascolto (sempre rapiti dai nostri schermi), l’apprendimento e le relazioni.
Sono tanti i motivi che portano alla iper connessione.
Sembra che i motivi principali siano la noia, e la soddisfazione dell’ego.
A volte io nel mio ego ci navigo, lo ammetto, e all’improvviso mi rituffo nella mia vasca di insicurezza.
E poi c’è il bisogno di contatti sociali, il desiderio di comunicazione, la ricerca di riconoscimento sociale, lo studio, la paura, il bisogno di sentirsi necessari (BINGO!), la ricerca di informazioni, l’abitudine, la dipendenza (TROPPA!), e distrazione (che genera altra distrazione, senza fine).
Prima dell’arrivo degli smartphone ci si collegava circa 5 volte al giorno, per periodi più lunghi, mentre adesso la media è di 27 volte al giorno (e io sono tra quelli che la alza).
Mi piace sentirmi necessaria, mi piace sentirmi meno sola anche quando sono sola, mi piacciono le sorprese…
Ogni volta che controlli le mail, le notifiche di facebook e instagram, vai incontro a sorprese.
Ma sapere che per soddisfare i tuoi bisogni, trascuri i veri affetti…questo no!
“E’ arrivato un nuovo messaggio, una nuova notifica: devo leggerla, subito! Qualcuno sta pensando a me! A qualcuno piace quello che ho detto, la foto che ho postato! Wow”
Ci sono giorni in cui sento il telefono suonare, ma non suona.
Ci sono momenti in cui sento strani bip, ma è solo l’immaginazione che fa dei brutti scherzi.
Il telefono era diventato la prolunga della mia mano destra, e i pollici a volte roteavano anche se il telefono era appeso al collo.
Eh sì, appeso al collo.
Io da anni tenevo il telefono in un porta telefono, e lo indossavo tipo collana, sempre.
Basta! 
A volte posto foto per far credere che sono felice, e invece magari sono incavolata nera.
A volte sorrido, scatto e scrivo che sono felice, e invece non è vero che sono sempre felice.
Facebook spesso ti aiuta a convincerti, convincendo gli altri, di qualcosa che non è come sembra.
Basta finzioni!
E basta trascurare i rapporti umani per quelli online.
Da oggi il telefono lo voglio usare per fare una chiamata in più, per sentire la voce degli amici, e per fissare più pranzi, e meno chat.
La dipendenza da internet dal 2013 è stata inclusa nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
Ecco, lo ho sempre detto che sono un po’ matta.
E poi la distrazione digitale fa a cazzotti con la concentrazione!
Ho mille sogni e mille progetti, ma poi mi arrampico nella rete…e perdo il filo.
Camminare, leggere, dipingere…
Sto riscoprendo altri modi per impegnare il mio tempo.
Non fraintandetemi: non lascerei mai facebook, instagram e i miei nuovi amici mediatici, ma ho deciso di darmi dei limiti.
Sto riscoprendo il piacere di lasciare il telefono dentro la borsa, e di perdere anche qualche chiamata, qualche messaggio.
Sto riscoprendo il piacere di guardare gli amici negli occhi quando mi parlano, sempre.
Ora so quando mio figlio vuole che io lo spinga sull’altalena, e lo so prima che me lo chieda.
Adesso il cellulare non entra più in camera da letto, ma rimane in carica in salotto.
Non è più l’ultima cosa che guardo prima di addormentarmi, e la prima che guardo quando mi sveglio.
Ebbene sì, sto facendo outing, e mi sento già molto meglio.
Il digitale ha una grande forza di attrazione perché promette gratificazioni immediate: ogni “Plin” potrebbe essere un’opportunità di lavoro, sessuale (non per me), o sociale.
Ma quanto durano queste gratificazioni?
E assieme alle gratificazioni…quante volte arrivano le delusioni?
Una mail che tarda a comparire sul vostro schermo, un sms diverso da quello che avremmo voluto…
Se anche voi soffrite di iperconnettività…iniziate comprando questo libro, e cercate di ricaricarvi.
Ci sono momenti in cui mi ritrovo a rispondere a una mail, a commentare un commento ad un mio post su facebook, a rispondere ad una richiesta di informazioni, e nel frattempo giro il sugo sul fuoco e metto via i vestiti stirati (non da me! Odio stirare)
Così non va.
Così non ce la faccio più.
A volte ho paura di fare aspettare la gente, di non rispondere abbastanza velocemente.
Ma poi mi arriva una mail di una persona che non ho mai visto, una mail nella quale questa donna è molto arrabbiata con me perché da mesi mi ha chiesto di incontrarci, di conoscerci, ma non è ancora successo, e allora sono diventata la sua nemica numero uno.
Ho un cantiere da seguire, un marito, un figlio, e i miei amici di sempre.
Sto passando un periodo un po’ intenso e non sempre riesco a trovare il tempo per tutto, e per tutti.
Spesso arrivo alla sera che sono stanca, a pezzi, e crollo.
Mi spiace, mi spiace molto cara Signora X, ma io non sono wonder woman e non ho più intenzione di fare i salti mortali per tentare di fare contenti tutti.
Quando si salta troppo si rischia di cadere, e di farsi male. 
Da oggi in poi farò quello che potrò.
Da oggi in poi continuerò a condividere i miei sorrisi, ma capiterà anche che condividerò un mio momento no.
Da oggi in poi non appenderò più il telefono al collo, e risponderò quando avrò tempo, e voglia.
E quando uscirò a cena con mio marito, il telefono non starà più sul tavolo, ma in  borsa.
Così se litigheremo avrò ho una cosa in meno da lanciargli addosso! Hihi
Barbara