Cosa non si fa per amore, dei figli.

In verità lo avrei fatto anche per mio marito (l’altro “malato” della casa), ma forse lui non si sarebbe infilato a quattro zampe tra la folla per farsi firmare una cartolina.

Eh, sì, mio figlio ieri ha fatto anche questo.

Ad un certo punto era sparito…

Io cercavo con lo sguardo tutto intorno a me, all’altezza di un metro e trenta, la sua altezza, ma non riuscivo a vederlo.

Ecco che ad un certo punto mi casca l’occhio un po’ più in giù e lo vedo, a quattro zampe, tutto elegante con la sua camicia celeste e il maglioncino beige, mentre si intrufola tra i tacchi 12 di due avvenenti mamme, per raggiungere Kovacic, a caccia del secondo autografo della sua vita.

Mio figlio è un genio (ma d’altronde non c’è tanto da meravigliarsi, visto che è figlio mio! Ahahah!)

Parentesi: secondo voi una mamma col tacco 12, alle cinque di pomeriggio, porta suo figlio a caccia di autografi, o porta se stessa a caccia di giocatori?

Vabbè daiiii! Concedetemela una battutaaaaaa!

Io da piccola tifavo Juve (mi viene male solo a pensarci! Come ho potuto tifare per i gobbacciiiiiiiii?!?!)

Mia zia era molto amica di Bonimba (Roberto Boninsegna), ai tempi in cui giocava nella Juve, e spesso, quando dormivo da lei, era lui che mi raccontava la favola della buona notte.

Mi deve aver intortato raccontandomi di quale sua impresa rocambolesca, e mi ha fregato, approfittando della mia giovine età.

E infatti, appena raggiunta la matura età, cambiai subito fede.

Arrivata a Milano per l’università, nel 1989, Rossana, una mia amica, mi portò a vedere, credo, la semi finale di coppa campioni Milan-Barcellona.

Mi ricordo ancora quando, in curva, distribuirono a tutti delle bandierine rosso nere, e io, prendendo la mia, chiesi: “Quanto le devo?”.

Ma che ne sapevo io di cosa succede nelle curve di uno stadio?!

Lo stadio era in estasi, e le coreografie organizzate, lo avevano dipinto tutto di rosso nero.

Dopo qualche anno dalla curva passai alla tribuna, diventando la pr della mia squadra del cuore: un sogno!

Stipendiata per organizzare gli eventi per il mio Milan, e per andare allo stadio!

Cosa potevo desiderare di più?

Un Lucano.

Lavorai al Milan, per Berlusconi, per il centenario e per l’anno della finale di coppa campioni, che alla fine si giocarono Bayern e Valencia, a Milano

Quando lascia il Milan decisi che non avrei più tifato per una squadra di calcio: sapere che l’umore di un intero palazzo dipendeva da 11 signori in mutande che correvano dietro ad un pallone, non mi divertiva più.

Se la domenica si perdeva, lunedì in ufficio sembrava di essere ad un funerale: ma che barbaaaaa!

Certo è che non mi sarei mai immaginata di portare mio figlio a conoscere i giocatori dell’Inter.

Danny fino ad un mese fa tifava Napoli, perché un suo amico tifava Napoli, poi due settimane fa ha compiuto 7 anni, e quel momento il disastro.

Sto leggendo un libro molto bello che si intitola “Urlare non serve a nulla”, dove si dice anche che dai 7 anni i bambini iniziano ad emulare i papà.

Ecco, appunto!

E visto che oltre al papà interista, ha anche la maestra e quasi tutti i compagni di classe della stessa fede, io ieri sono finita nel covo del nemico!

Lo ho fatto per lui, e per una buona causa.

Brooks Brothers, sponsor dell’Inter, per l’abbigliamento, da anni, realizza i sogni dei bambini di Make-A-Wish, un’associazione benefica, fondata negli Stati Uniti nel 1980, che si occupa di bimbi affetti da gravi malattie.

Ieri sera, per tutta la durata dell’evento, acquistando gli orsetti Brooksie e Brooke, o qualsiasi altro articolo del negozio, si regalava un sorriso ad un bambino meno fortunato dei nostri.

Daniele ha incontrato i suoi nuovi idoli, e io ho fatto un po’ di shopping, portandomi avanti per i regali di Natale.

Danny è tornato a casa felice con le firme e le foto dei suoi nuovi campioni del cuore, e io con un principio di orticaria allergica.

Besos

Barbara

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