L’omicidio di Motta Visconti: dove neanche l’immaginazione riesce ad arrivare

 

Ho cercato di immaginare di essere un uomo, e di essere molto arrabbiato.

Ho cercato di immaginare di essere molto impaurito.

Ho cercato di immaginare di essere stufo della mia famiglia.

Ho cercato di immaginare di aver voglia di cambiare vita, mettendo una pietra sul passato.

Ci ho provato davvero a calarmi nella parte del signor Lissi, ma la mia immaginazione non riesce neanche ad avvicinarsi ad un gesto così assurdo, così crudele.

Se mi arrabbio mi sfogo, e urlo.

Se sono impaurita chiedo aiuto.

Se non amo più e ho voglia di cambiare vita, ne parlo con chi amo e cerco di trovare una soluzione, di comune accordo.

E se nella mia vita sbuca qualcuno che mi fa battere il cuore più della donna alla quale ho giurato eterno amore?

Tiro fuori gli attributi, confesso e me ne vado.

In verità non lo so, non mi è mai capitato di innamorarmi di un altro, o di tradire, ma penso che se mi innamorassi lo direi e me ne andrei.

E i figli?

L’amore per un compagno o per una compagna può finire, ma quello per i figli no!!!

E quell’uomo ai poliziotti che gli hanno chiesto se non sarebbe potuto bastare un divorzio, lui ha risposto che con un divorzio i figli sarebbero rimasti.

Non capisco!

Non riesco davvero a capire.

Forse posso capire, ma ovviamente non giustificare, un gesto di follia nei confronti di una persona adulta, ma su un bimbo di 20 mesi e su una bambina di 5 anni , no.

Ovviamente questo uomo non sta bene.

Ovviamente questo uomo ha dei seri problemi psicologici.

Ti innamori di una collega che è fidanzata e che non ti ha mai dato speranze, inizi a sentirti stretto nel tuo ruolo di padre e di marito, e allora cosa fai?

Uccidi tutti.

Il problema è che conosco già la fine di questa storia: l’uomo finirà in galera, ci saranno mille processi, e alla fine questo uomo dalla galera tornerà a casa, perché non sta bene, poverino.

Poverino un tubo!

Malato di mente o no, questo uomo dovrebbe stare in galera tutta la vita, in una cella tappezzata con le foto di sua moglie e dei suoi bambini.

Quei bambini per i quali non ha versato una lacrima neanche dopo quei lunghi 30 minuti di confessione.

Eh no!

Non si può perdonare un gesto del genere.

Non si può.

E mentre scrivo una lacrima scende, e brucia, dentro.

Barbara

La forza dell’indipendenza

 
Quando Daniele aveva 5 anni (l’anno scorso) era arrivato a svegliarsi da solo, con la sveglia.
La aveva voluta lui, la sveglia.
Era stato lui a chiedermi, la prima volta, di preparare la colazione per tutti noi, e lo aveva fatto pure bene.
Era stato lui a chiedermi di preparargli i  vestiti la sera prima, in modo da potersi vestire da solo la mattina, dopo il risveglio con la sveglia.
A volte aveva scelto anche i vestiti, da solo.
E poi?
E poi ho rovinato tutto.
Un pò per fare più in fretta, un po’ per poterlo svegliare con un bacio e vestirlo tenendomelo ancora sulle ginocchia, ho fatto retromarcia e, così facendo, ho fatto regredire pure lui.
Che idiota!
E’ così difficile fare il genitore.
E’ così facile sbagliare, per esubero d’amore.
Risultato?
Sono giorni, settimane, che quando vado a svegliare Danny lui apre gli occhi, ed è già di pessimo umore.
E io? 
E io che invece sorrido sempre, io che non tollero i cattivi umori e i capricci, spesso iniziavo le mie giornate piena di rabbia e di rancore.
Ieri poi…
Ieri Danny si è svegliato più nero che mai: aveva basket e non ne voleva sapere di farlo.
E io avevo un funerale, e non ne volevo sapere di dover salutare un amico così, troppo presto.
Mio figlio ha pianto dal mio bacio del risveglio al portone di scuola, e io ho iniziato a piangere dopo, camminando.
Ho camminato per 6 km sperando che la mia rabbia si spegnesse, ma nulla.
La mia rabbia è passata solo in Chiesa.
La mia rabbia è passata solo quando ho sentito le parole delle due figlie del mio amico, di quell’amico che sorrideva sempre e che aveva sempre una parola buona per tutti.
Quelle due ragazze hanno ringraziato il padre per averle rese quello che sono, per aver loro insegnato a camminare da sole.
I figli amano i loro genitori e amano stare accanto a loro, addosso a loro.
Ma i figli amano anche sentirsi indipendenti, sapere di essere in grado di camminare con le loro gambe.
Marco prima di andarsene ha fatto quello: Marco ha dato alle loro figlie tutto ciò di cui avevano bisogno per andare avanti da sole.
“Vai pure papà, ora siamo pronte!”
Che dolore, ma quanta consapevolezza e quanto equilibrio in quelle parole.
Grazie Marco!
Grazie perché anche da lassù hai saputo aiutare, ancora.
Mi hai dato una grande lezione ieri.
Stamattina per mio figlio è risuonata la sveglia.
Stamattina mio figlio ha ritrovato i suoi vestiti piegati sul tavolo.
Stamattina mio figlio si è svegliato felice della sua indipendenza, e ha preparato la colazione.
Stamattina mio figlio era felice di andare a scuola, e di abbracciare la sua mamma che lo aveva fatto sentire di nuovo grande.
La forza dell’indipendenza!
Barbara 

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